Liuwe Tamminga-Bruce Dickey-Doron Sherwin a Valvasone

Con il concerto del 13 maggio u.s. si è conclusa la 39^edizione della Rassegna di Musica Antica che si svolge ogni anno a Valvasone. Apprezzatissimo interprete, assieme ai cornettisti di fama mondiale Bruce Dickey e Doron David Sherwin DSC09858è stato l’organista olandese Liuwe Tamminga titolare, con Luigi Ferdinando Tagliavini, degli organi storici della Basilica di S. Petronio a Bologna, dove suona i due magnifici strumenti di Lorenzo da Prato (1471-75) e di Baldassarre Malamini (1596). La Rassegna ha avuto quest’anno un pubblico sempre numeroso in tutti e tre gli appuntamenti, con apprezzamenti sia agli esecutori sia all’Associazione Concerti che da sempre li organizza. Dietro a questi concerti, che seguono un tema filologico ed adatto alle caratteristiche dell’Organo antico del Duomo, vi sono infatti la volontà e la tenacia di chi, nonostante i problemi economici che comporta, vogliono valorizzare uno strumento unico tenuto in gran considerazione dai migliori musicisti internazionali. Tornando al protagonista dell’ultimo concerto proposto quest’anno, dobbiamo segnalare che è in preparazione un suo CD, dedicato al compositore di cui quest’anno ricorre il 400 anniversario della morte, ovvero Giovanni Gabrieli. Ecco di seguito alcune note a cura del dott. Loris Stella che verranno incluse nella presentazione del CD.

L’ambiente musicale di Giovanni Gabrieli

L’accentuarsi del mito di Venezia, a compensazione della perduta influenza economico-politica sull’Oltremare, è sottolineato in maniera del tutto particolare dal fenomeno musicale. Nella Venezia dei Gabrieli, la musica è passione dilagante, pratica frequente, bisogno, abitudine. Essa si diffonde ovunque: satura le sedi liturgiche e devozionali, gli spazi scenici dei palazzi, s’insinua nella vita quotidiana e nelle feste, cerimonie e spettacoli; dovunque funge da cassa di risonanza al mito di ricchezza e bellezza che si va diffondendo. La città nobilissima et singolare del Sansovino vanta un “laboratorio” musicale in cui operano illustri musicisti e teorici dell’epoca, corredato da un’affermata editoria e da rinomate botteghe di liutai, cembalari ed organari. Nell’Europa del Rinascimento e del primo Barocco, Venezia è centro di primaria importanza per la nascita della musica strumentale e dello stile concertato: insofferente delle regole della Chiesa, delle determinazioni conciliari, poco connaturate al suo governo e all’arte, approfondisce la cesura tra musica vocale e strumentale. Quest’ultima, da tempo nascosta tra le pieghe della musica vocale, si fa lentamente strada: lo comprova, per prima, l’autonomia compositiva delle toccate, dei ricercari, e delle canzoni dei grandi organisti marciani, quali Annibale Padovano, Claudio Merulo, Andrea e Giovanni Gabrieli. La stampa a Venezia di metodi per suonare diversi strumenti è davvero illuminante, non solo per la documentazione sulla prassi esecutiva, ma quale indice di una nuova presa di coscienza della musica strumentale. Come si sa, all’origine di quest’ultima sta l’idea dell’assoluta autosufficienza del suono e della sua organizzazione in un proprio linguaggio. Tale idea si consolida nella caduta di pregiudizi nei confronti del puro piacere uditivo e nel ruolo sempre più importante dell’esecutore e del pubblico, più consapevole ed esigente. A Venezia la basilica marciana è fucina di musica e di ricerca dei suoni; qui, maestri di cappella e virtuosi organisti-compositori hanno trovato ispirazione negli echi degli spazi architettonici, sostegno nei mezzi strumentali e finanziari a disposizione, motivazione nella grandiosità degli apparati liturgici per rispondere alla musica di Stato. Il primo tentativo di istituire un’orchestra nella basilica risale al 1568 quando venne assunto a “capo de’concerti” Girolamo Dalla Casa (detto da Udine; 1543 c.-1601), coadiuvato da due fratelli e da altri musici; gli successe il cornettista Giovanni Bassano (? -1617), con il compito di eseguire musiche composte dai Gabrieli. Il suono degli ottoni e dei cornetti era prediletto dai veneziani a partire dal primo Rinascimento, soprattutto a seguito di contatti con le corti tedesche da parte di alcuni musici (ricordiamo membri della famiglia Laudis attivi alla corte di Monaco). Allora i migliori tromboni provenivano da Norimberga, dove provetti artigiani avevano scoperto il metodo per la curvatura del canneggio; a Venezia si costruivano i «cornetti meglio che vadino attorno» (V. Galilei, 1581). In breve, questo era il substrato su cui nella seconda metà del Cinquecento operavano i musici marciani ottenendo esiti prima mai raggiunti nell’impiego della policoralità: tra questi, spiccano Andrea e Giovanni Gabrieli, organisti e compositori che diedero impulso innovativo alle prime esperienze dei “cori spezzati” raccolte da Willaert in area veneta. L’applicazione della tecnica dei “cori battenti” è congeniale alla basilica, è «proprietà» della stessa, afferma il maestro di cappella Zarlino: agli inizi si cantano in alternatim i salmi negli antichi pulpiti esterni al presbiterio, fino ad esibirsi, nelle più fastose celebrazioni, nelle gallerie contrapposte fornite di pregevolissimi organi, in quelle sansoviniane e, più tardi, nei cosiddetti “palchetti”. Qui i Gabrieli, soprattutto Giovanni, danno sfogo alla loro inventiva componendo monumentali musiche policorali con la partecipazioni di cantori e strumentisti ben rimunerati, talvolta reclutati tra i migliori della città: è l’apoteosi tra musica e architettura.

Il Cd “Lavori strumentali” di Giovanni Gabrieli offre una rara scelta di brani organistici, con l’aggiunta di altri affidati anche ai cornetti nell’ornata elaborazione delle voci più acute o nei dialoghi con l’organo che, in questo caso, realizza il tessuto di sostegno o di risposta. Nel Cinquecento, infatti, quale pratica opzione, era di prassi sostituire alcune voci di una partitura con strumenti a disposizione, intavolando le altre per quelli ‘da tasto’. Nelle registrazioni, sono presenti tutti i generi della musica organistica praticati da Giovanni Gabrieli in modo da poter ascoltare pagine che, seppur da tempo riapparse da una molteplice varietà di fonti a stampa e manoscritte, hanno finora avuto poche occasioni interpretative. Se per le Toccate Giovanni Gabrieli non dimostra una precisa evoluzione rispetto a quelle dello zio Andrea, né attinge ai fecondi esiti artistici di quelle di Claudio Merulo, per le Canzoni rivela tutta la sua illuminata forza compositiva: trae linfa vitale dai monumentali lavori policorali che la fornitissima Cappella marciana offre per celebrare gli splendori della sua città, il mito, la gioia di vivere. Giovanni dispone nella basilica di due celebri organi su cui trasferisce tale concezione dispiegando temi, audacemente nuovi, non più ripresi, come lo zio, dalla chanson franco-fiamminga. Le canzoni appaiono suddivise in sezioni che spesso alternano tempi e figure ritmiche diverse, reiteratamente dialoganti tra parti in stile imitativo e omofonico; vengono proposti temi spigliati, astrattamente descrittivi, talvolta contrastanti con altri, ma legati dall’idea di sorprendere, di suggestionare l’ascoltatore per varietà di chiaro-scuri, di pieno e di calma sonora. I Ricercari non sono solo concepiti esclusivamente come ‘studio’ cui esibire la tecnica contrappuntistica con l’intreccio anche di più soggetti, ma in alcuni casi richiamano il ritmo dattilico delle canzoni con controtemi giocosi e vivaci. Le cosiddette Fughe non sono altro che ricercari monotematici. I Mottetti, qui proposti in veste d’intavolata per organo, occupano un posto a sé per grandiosità di concezione, per i contrasti dinamici, per il carattere declamatorio. Sono pagine musicali che, nella versione policorale, venivano utilizzate nei fasti celebrativi del calendario di Stato: nelle cerimonie di investitura del doge, nelle messe e nei vesperi delle ricorrenze più importanti dell’anno, sia nella basilica, che nelle principali chiese veneziane.

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